[26/03/14]

START UP INNOVATIVE, MINI AIUTI

di Diego Annarilli e Flavio Notari

Deduzioni e detrazioni fiscali per chi investe in start up innovative a portata ridotta. Limitare l’agevolazione ai conferimenti con «aumento di capitale», invece che considerare qualsiasi incremento del patrimonio netto circoscrive infatti fortemente la portata agevolativa delle disposizioni.
Sulla Gazzetta Uffi ciale del 20 marzo 2014, n.66, è stato pubblicato il decreto del Mef, di concerto con il Mise, del 30 gennaio 2014, attuativo delle agevolazioni fi scali riconosciute dall’art.29 del Decreto Crescita 2.0 ai soggetti che effettuano investimenti in start up innovative (si veda ItaliaOggi del 21 marzo scorso). 
Il decreto definisce i soggetti interessati, gli investimenti agevolabili, nonché le ipotesi di decadenza. Le agevolazioni in commento consistono, per ciascun periodo d’imposta fi no al 2016, nel riconoscimento di una detrazione Irpef del 19% dei conferimenti rilevanti, per un importo non superiore a 500 mila euro, e in una deduzione Ires del 20% dei conferimenti rilevanti, per un importo non superiore a 1.800.000 euro in ciascuno degli anni.
L’art.4 del decreto dispone che le suddette agevolazioni si applicano ai conferimenti in denaro iscritti alla voce del capitale sociale e della riserva da sovrapprezzo di azioni o quote delle start up innovative o delle società di capitali che investono prevalentemente in start up innovative, anche in seguito alla conversione di obbligazioni convertibili in azioni o quote di nuova emissione, nonché agli investimenti in quote di Oicr. Viene, inoltre, precisato che si considerano conferimenti in denaro anche la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti di capitale (ad eccezione dei crediti risultanti da cessioni di beni o prestazioni di servizi diverse da quelle previste dall’art.27 del Decreto Crescita 2.0).
A tal proposito i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con riferimento al bonus capitalizzazioni espressi nella circolare 21 dicembre 2009, n.53/E, sembrerebbero poter essere mutuati al caso di specie nella misura in cui viene precisato che, ai fini dell’agevolazione, rilevano solamente gli aumenti di capitale conclusi e non anche quelli meramente sottoscritti ma non versati o gli aumenti di capitale cd. «nominali» effettuati mediante conversione di riserve disponibili. A titolo esemplifi cativo non dovrebbero assumere rilievo, ai fini dell’agevolazione, gli apporti derivanti da versamenti in denaro a fondo perduto destinati a incrementare riserve di patrimonio netto, così come la rinuncia incondizionata dei soci al diritto di restituzione dei crediti vantati nei riguardi della società; ipotesi queste in cui si genera comunque un rafforzamento patrimoniale della start up. Ma le dinamiche dei primi anni di vita della società innovativa sono spesso caratterizzate proprio dalla presenza di perdite d’esercizio, per la copertura delle quali sarebbe senz’altro più efficiente (ed economico), a parità di patrimonio netto, poter contare su riserve disponibili piuttosto che su un capitale sociale da dover abbattere e, se del caso, ricostituire. L’esigenza di garantire maggiore certezza ha indotto il legislatore ad adottare una procedura più rigorosa che prevede l’intervento obbligatorio di un notaio, tuttavia tale scelta potrà avere rifl essi negativi sull’efficacia dell’intervento.

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