[20/02/13]

START UP CON VISTA SULLA PEX

di Diego Annarilli e Flavio Notari

Per le start up innovative, le agevolazioni presenti nel c.d. “Decreto Crescita 2.0” vanno coordinate con altre norme del nostro ordinamento tributario. Per quanto riguarda le persone fisiche, con la detassazione da Irpef di cui all’art.68, comma 6-bis del Tuir, per le plusvalenze da capital gain che vengono reinvestite, entro due anni, in società di nuova o recente costituzione; per quanto concerne le persone giuridiche, con la participation exemption di cui all’art.87 del Tuir. Focalizzando l’attenzione sull’ipotesi di cessione di partecipazioni da parte di persona giuridica nell’esercizio della propria attività d’impresa, per la verifica del corretto regime fiscale ai fini dell’Ires da applicare all’eventuale plusvalenza realizzata, occorrerà, innanzitutto, riscontrare se la cessione in parola soddisfa, o meno, le condizioni previste dal regime della participation exemption al ricorrere delle quali il 95 per cento della detta plusvalenza non concorre alla formazione dell’imponibile in quanto esente. Numerosi dubbi sono sorti circa la possibilità di applicare il regime della participation exemption alla cessione delle partecipazioni detenute in società che si trovano ancora in una fase preparatoria o “pre-operativa”, contraddistinte dal sostenimento di costi di investimento ma dalla mancanza dei primi ricavi dell’attività caratteristica, per la presunta mancanza della condizione dell’esercizio di “impresa commerciale” di cui all’art.87, comma 1, lett.d) del Tuir. Su questo punto si è pronunciato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in risposta a un’interrogazione parlamentare (n.5-01695 del 29 luglio 2009) sostenendo che «ad assumere rilevanza, nel rispetto della ratio della norma, sia l’attività in concreto esercitata e non la mera costituzione in forma di società di capitali. Ne consegue che se l’attività prevista dallo statuto non si può considerare iniziata non è riscontrabile, in linea di principio, la sussistenza del requisito della commercialità necessario per fruire del regime di participation exemption». L’adesione all’interpretazione ministeriale comporterebbe che la cessione delle partecipazioni in start-up che hanno ultimato la fase di produzione e sviluppo di prodotti innovativi, ma che non sono ancora entrate nella fase più propriamente operativa di interrelazione con il mercato, non potrebbe beneficiare del regime della participation exemption. Tuttavia, tale restrittiva interpretazione appare non in linea con la nozione civilistica e fiscale di “impresa”, finendo per far coincidere il momento di configurazione della stessa con quello di produzione dei primi ricavi. Sul punto sia la Corte di Cassazione che la Corte di Giustizia UE hanno più volte riconosciuto la qualificazione degli atti preparatori come manifestazione di attività già imprenditoriale. In particolare, è la stessa Corte di Giustizia UE che nella sentenza del 21 marzo 2000, procedimenti riuniti da C-110/98 a C-147/98 ha chiarito, in tema di imposta sul valore aggiunto, che «sarebbe in contrasto con tale principio [ndA., il principio della neutralità dell’Iva] ritenere che le dette attività inizino solo nel momento in cui l’impresa viene effettivamente esercitata, cioè quando comincia ad aversi un reddito imponibile». L’interpretazione fornita dal Ministero delle Finanze con la risposta all’interrogazione parlamentare non sembra essere conforme alla ratio della participation exemption tesa, tra l’altro, a garantire una tendenziale equivalenza tra la percezione del reddito sotto forma di dividendi o di capital gain; infatti, secondo la stessa l’Amministrazione finanziaria «il plusvalore realizzato in occasione della cessione di una partecipazione è costituito da utili già conseguiti o conseguibili in futuro dalla partecipata, i quali hanno già scontato o sconteranno in via definitiva le imposte presso il soggetto che li ha prodotti» (cfr. circolare 4 agosto 2004, n.36/E).


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